
Ho raccolto i miei pensieri nella quiete del mattino, quella che per pochi attimi mi concedo.
Assisto a una scena che nel mio privato ha del quotidiano: Gatto, senza timore alcuno, sta mangiando il cibo destinato a Cane. Quest’ultimo si è affiancato a lui. Nessun movimento del suo corpo mostra aggressività, ma semplice curiosità, o forse – ho scambiato per tale – il timore di una risposta d’artiglio. Il contenuto della ciotola è evidentemente lo stesso che Cane aveva avanzato poco prima, rifiutandosi di terminare il pasto. Non percependo nessuna minaccia, Gatto ha continuato nel suo intento di cibarsi del pasto residuo. I suoi otto chili e mezzo fanno presagire che questo processo di doppio pasto avvenga spesso.
Ma non è tanto la golosità di Gatto, bensì la pacifica convivenza con Cane a essere diventata oggetto del mio riflettere. Credo che questo modo di vivere abbia basi solide.
Tutti gli animali di casa – oltre a Cane e Gatto è presente anche Gatta – ricevono cure amorevoli, affetto e cibo in modo più che sufficiente da non rendere necessario esercitare alcun tipo di contrasto o conflitto. Non sentono la minaccia alla loro sopravvivenza.
E così, in modo banale e forse puerile, nascono tra i pensieri molte domande a cui non riesco a dare risposta.
Questo tipo di comportamento può essere applicato all’umano?
Cosa spinge gli individui a entrare in conflitto tra loro? È sufficiente la volontà reciproca di pace, o serve qualcosa di più profondo – un sentire comune, una memoria condivisa? Quanto pesa il passato sull’agire del presente?
C’è sempre un fattore di predominio economico sopra tutto? Oppure la verità sta nel mezzo?
La mente si perde. Ci sono migliaia di fattori che andrebbero presi in considerazione e analizzati.
Rispondere a questi quesiti sarà un passo avanti nel caos e un passo indietro nella certezza, ma in casa mia il detto “come cane e gatto” assume un significato molto diverso da quello che in generale lascia intendere.