-
Sole di primavera
Il venerdì è una giornata frenetica, la spesa settimanale è un momento piacevole. A volte si aggiungono anche altre commissioni e quando rientro a casa tutto va sistemato. D’inverno il balcone di casa esposto a Nord diventa un frigorifero. Le verdure e la frutta trovano posto in un cesto molto grande posato sotto al tavolo.
Quando le temperature iniziano ad alzarsi in primavera e fino a novembre, l’unico frigo di casa rimane quello ufficiale incastonato nei mobili della cucina. Ecco allora che fare la spesa settimanale diventa un gioco di equilibri e incastri. La qualità offerta nei supermercati non sempre mi soddisfa e nonostante io ci vada almeno un’altra volta durante la settimana, l’idea di comprare lì parte delle scorte alimentari di frutta e verdura, non mi convince. Così tranne che in casi eccezionali, la seconda parte del venerdì mattina la passo in cucina a sbollentare verdure a foglia verde, oppure carciofi e se poi ho ritirato la “frittura” dal macellaio, la divido in porzioni giornaliere stando attenta che sia completa di cuore per i gatti e di polmone o altre interiora per il cane. Evito la milza perchè non gli è gradita e il fegato perchè secondo alcuni studi contiene troppa vitamina che se somministrata in maniera eccessiva può risultare tossica per gli animali.Trascorsa così la mattinata, l’ora di pranzo arriva presto e passata quella è il momento di uscire in passeggiata con il cane. A questo punto solitamente mi sento stanca. dalle 6 che mi alzo, avrò del tempo solo dopo che rientrerò ma sarà breve perchè solitamente il tardo pomeriggio del venerdì è dedicato alla palestra.
Questa mattina, però ho rotto lo schema rigido autoimposto e sono rimasta ai giardinetti con Peach, seduta al sole. Dopo aver attraversato il cancelletto che delimita l’area verde recintata, mi sono seduta sulla panchina, ho chiuso gli occhi e rivolto il viso al sole, lasciandomi coccolare dal calore. Una carezza tiepida e avvolgente.
Ogni tanto qualche rumore filtrava dagli immancabili auricolari accesi. Una bicicletta di passaggio, La musica lontana proveniente da una macchina lanciata a velocità sostenuta. La voce negli auricolari manteneva comunque viva la mia attenzione sulla vita e le opere di Seneca.Poi sei arrivato tu, nove o dieci anni. Ho fermato l’audiolibro quando Peach ti ha avvicinato in cerca di biscotti.
In un attimo, ho fatto un salto temporale di quasi 10 anni. Ho rivisto in te mio figlio, ormai quasi uomo. Aveva il terrore dei cani. Peach, la nostra cagnolona, è il simbolo del superamento delle sue paure. Ma allora, davanti ad un cane, sarebbe scappato terrorizzato solo a vederlo a decine di metri di distanza.
Tu, invece, ti avvicini a lei, un po’ timoroso, ma comunque senza essere attraversato dal terrore. Il tuo sguardo sfugge il mio, e io mi commuovo per qualcosa che conosco molto bene.
Sei un anima buona e gentile. Spero che anche tu possa incontrare, in questo mondo che sa essere molto crudele, persone sensibili che non ti facciano troppo soffrire. Quanti ricordi, sollevi dalla polvere: pensieri, fatiche progressi e regressioni. Salgono inevitabilmente le lacrime pensando ai genitori come me e come i tuoi che affrontano ogni giorno, come cavalieri inermi, il drago chiamato pregiudizio. Lo fanno per conto del loro figlio per permettergli di crescere serenamente, in un mondo che purtroppo ancora oggi discrimina ed imprime etichette sul nostro essere unici.Mentre ricaccio indietro lacrime che non riusciresti mai a comprendere, ti metto nella manina un po’ di biscottini di Peach così da insegnarti un gioco da fare con lei. ti insegno a nasconderli e a farglieli cercare. Peach ama tutti i bambini, anche per questo motivo, sono dispensatori di delizie. L’educatrice della scuola che ti ha accompagnato in questa uscita solitaria, nel frattempo mi chiede il permesso di poter documentare con il telefono questa esperienza a testimonianza del lavoro svolto con il bambino. Acconsento, ci capiamo con un semplice sguardo, entrambe abbiamo consapevolezza del futuro estremamente incerto che lo attende.
Ma poi rifletto che così è per tutti, e forse è meglio così, lascia aperta la porta a maggiori possibilità.
Ci salutiamo, io commossa, tu a disagio. La tua dimensione di serenità ha raggiunto il limite della soglia di tolleranza alla frustrazione, il segnali che emette il tuo corpo ora dopo orami 10 anni ho imparato a riconoscerli bene.
Riprendi la tua strada piccolo, io non posso che augurarti Buona vita!
-
Sole di primavera
Leggi ora
Il venerdì è una giornata frenetica, la spesa settimanale è un momento piacevole. A volte si aggiungono anche altre commissioni e quando rientro a casa tutto va sistemato. D’inverno il balcone di casa esposto a Nord diventa un frigorifero. Le verdure e la frutta trovano posto in un cesto molto grande posato sotto al tavolo.
Quando le temperature iniziano ad alzarsi in primavera e fino a novembre, l’unico frigo di casa rimane quello ufficiale incastonato nei mobili della cucina. Ecco allora che fare la spesa settimanale diventa un gioco di equilibri e incastri. La qualità offerta nei supermercati non sempre mi soddisfa e nonostante io ci vada almeno un’altra volta durante la settimana, l’idea di comprare lì parte delle scorte alimentari di frutta e verdura, non mi convince. Così tranne che in casi eccezionali, la seconda parte del venerdì mattina la passo in cucina a sbollentare verdure a foglia verde, oppure carciofi e se poi ho ritirato la “frittura” dal macellaio, la divido in porzioni giornaliere stando attenta che sia completa di cuore per i gatti e di polmone o altre interiora per il cane. Evito la milza perchè non gli è gradita e il fegato perchè secondo alcuni studi contiene troppa vitamina che se somministrata in maniera eccessiva può risultare tossica per gli animali.Trascorsa così la mattinata, l’ora di pranzo arriva presto e passata quella è il momento di uscire in passeggiata con il cane. A questo punto solitamente mi sento stanca. dalle 6 che mi alzo, avrò del tempo solo dopo che rientrerò ma sarà breve perchè solitamente il tardo pomeriggio del venerdì è dedicato alla palestra.
Questa mattina, però ho rotto lo schema rigido autoimposto e sono rimasta ai giardinetti con Peach, seduta al sole. Dopo aver attraversato il cancelletto che delimita l’area verde recintata, mi sono seduta sulla panchina, ho chiuso gli occhi e rivolto il viso al sole, lasciandomi coccolare dal calore. Una carezza tiepida e avvolgente.
Ogni tanto qualche rumore filtrava dagli immancabili auricolari accesi. Una bicicletta di passaggio, La musica lontana proveniente da una macchina lanciata a velocità sostenuta. La voce negli auricolari manteneva comunque viva la mia attenzione sulla vita e le opere di Seneca.Poi sei arrivato tu, nove o dieci anni. Ho fermato l’audiolibro quando Peach ti ha avvicinato in cerca di biscotti.
In un attimo, ho fatto un salto temporale di quasi 10 anni. Ho rivisto in te mio figlio, ormai quasi uomo. Aveva il terrore dei cani. Peach, la nostra cagnolona, è il simbolo del superamento delle sue paure. Ma allora, davanti ad un cane, sarebbe scappato terrorizzato solo a vederlo a decine di metri di distanza.
Tu, invece, ti avvicini a lei, un po’ timoroso, ma comunque senza essere attraversato dal terrore. Il tuo sguardo sfugge il mio, e io mi commuovo per qualcosa che conosco molto bene.
Sei un anima buona e gentile. Spero che anche tu possa incontrare, in questo mondo che sa essere molto crudele, persone sensibili che non ti facciano troppo soffrire. Quanti ricordi, sollevi dalla polvere: pensieri, fatiche progressi e regressioni. Salgono inevitabilmente le lacrime pensando ai genitori come me e come i tuoi che affrontano ogni giorno, come cavalieri inermi, il drago chiamato pregiudizio. Lo fanno per conto del loro figlio per permettergli di crescere serenamente, in un mondo che purtroppo ancora oggi discrimina ed imprime etichette sul nostro essere unici.Mentre ricaccio indietro lacrime che non riusciresti mai a comprendere, ti metto nella manina un po’ di biscottini di Peach così da insegnarti un gioco da fare con lei. ti insegno a nasconderli e a farglieli cercare. Peach ama tutti i bambini, anche per questo motivo, sono dispensatori di delizie. L’educatrice della scuola che ti ha accompagnato in questa uscita solitaria, nel frattempo mi chiede il permesso di poter documentare con il telefono questa esperienza a testimonianza del lavoro svolto con il bambino. Acconsento, ci capiamo con un semplice sguardo, entrambe abbiamo consapevolezza del futuro estremamente incerto che lo attende.
Ma poi rifletto che così è per tutti, e forse è meglio così, lascia aperta la porta a maggiori possibilità.
Ci salutiamo, io commossa, tu a disagio. La tua dimensione di serenità ha raggiunto il limite della soglia di tolleranza alla frustrazione, il segnali che emette il tuo corpo ora dopo orami 10 anni ho imparato a riconoscerli bene.
Riprendi la tua strada piccolo, io non posso che augurarti Buona vita!
-
Ripartire dal passato
Leggi ora
Quando siete in visita come turisti, oppure per lavoro o semplicemente di passaggio, avete mai avuto la sensazione di non avere visto abbastanza?
Pensare di lasciare indietro tante fotografie non scattate, ricordi non compiuti?Spesso nei miei viaggi non sono riuscita a vedere tutto ciò che desideravo. Ancora più spesso mi sono detta, questo è un buon motivo per tornare.
Poi il ritorno alla quotidianità, ai mille impegni, fa si che il desiderio venga riposto in un angolo remoto dell’anima, sopito sotto strati e strati di pensieri e azioni e altri momenti.
Eppure resta lì inossidabile il senso di incompiuto. Se mi giro indietro in ogni luogo ho lasciato qualcosa per cui tornare. Il tempo si sa è tiranno e con esso la possibilità di vivere con senso di pieno ogni esperienza.
A volte ho rinunciato ad affrontare il viaggio. Rifiutavo a priori l’idea di percepire così intensamente il senso di delusione del non compiuto.Quando non si è soli, viene inoltre naturale cercare di organizzare tutto nel rispetto della natura di chi ti accompagna. Una questione di equilibri.
Problemi di salute, impedimenti fisici, interessi individuali sono tutti elementi da prendere in considerazione.
La riuscita del viaggio dipenderà sopratutto dalla capacità di generare benessere generale. I bisogni dei compagni di viaggio e i propri vanno rispettati e armonizzarli è necessario per farli restare in equilibrio. -
Sono quel che sono
Leggi ora
Sei!
Poco femminile,
Malata ( leggi pazza),
ingenua, stupida,
sguaiata, volgare,
una brutta persona (me lo hanno detto 22 volte in un anno, le ho contate)
Ingrassata,
Sciatta, Disordinata
Strana, Brutta,
Solo un po’ carina (mentre mio marito è proprio bello – così mi ha detto una coetanea)Hai!
Le tette troppo grandi (Senza sapere che una volta lo erano molto di più),
Brutte ginocchia,
mani orribili
un carattere di merd@Dovresti!
Pettinarti.
CalmartiNon Dovresti!
Agitarti,
UrlareQuesti sono, a memoria, gli insulti, le offese e le frasi che persone diverse in momenti diversi nel corso di questa vita hanno sentito il bisogno di comunicarmi. Non erano prese dalla rabbia e non sono stati detti in momento di conflitto.
Comprendo bene quanto poco valore risieda in una parola espressa in un momento di furia cieca e sicuramente non le avrei scolpite così bene nella memoria.Rifletto invece sulle parole dette in momenti di serenità, magari di incontro casuale oppure di convenevoli.
Sono perfettamente consapevole che la cosa più semplice da fare sia lasciare perdere perchè quella parola, quella frase racconta molto del mio interlocutore, più che di me. In ogni caso restare conpletamente indifferenti non è mai stata una cosa semplice.
Non è diverso, anche in quelle situazione dove il giudizio è positivo (solo in apparenza). Stai proprio bene così pettinata, questi pantaloni ti fanno proprio un bel cul@, queste scarpe ti slanciano, che bella pelle che hai, come sei soda e così via.
Mi sento a disagio, piccola, passata al microscopio, privata della libertà di agire secondo le mie preferenze personali senza incorrere nel rischio di venire giudicata.
Farei veramente a meno del giudizio degli altri: positivo o negativo fa poco differenza. Preferirei che il mio interlocutore, si interessasse di me, delle mie neonate passioni per la tragedia greca e la filosofia, o della psicologia applicata all’evoluzione personale e si rallegrasse per me e per i miei interessi.Non a caso, le persone con cui più amo trascorre il tempo sono quelle con cui si può avviare un confronto e che sono propense ad un ascolto attivo anche là dove emergono diversità di vedute.
Perchè mi sento così colpita dal giudizio altrui?
Perchè mi sento strana e fuori posto quando mi sento giudicata?
Perchè lascio che certi proclami conquistino tanto spazio nei miei pensieri?Credo di avere paura della mia stessa autenticità. Quando capita, la mancanza di coraggio, nutre la mia insicurezza.
e allora alla maniera degli antichi forse non resta soluzione alcuna che imparare e Conoscere me stessa!
Ho spesso provato vergogna. Esistere per me è stato spesso molto faticoso.
Il peso del giudizio altrui ha reso molto difficile esercitare la mia unicità al punto che mi sono persa nella nebbia delle false identità che ho acquisito per sopravvivere alle parole inferte. Che tristezza e solitudine ogni volta che vesto i panni di qualcuno che non sono, per stare sotto i riflettori del giudizio.
Ma se indosso gli auricolari e accendo la musica, cambia tutto. Su quel palcoscenico che si chiama strada o che si chiama vita posso anche ballare, il pubblico scompare e mi sento libera di camminare danzando al ritmo che più mi piace. Mi illumino e il sorriso arriva agli occhi. Sono un’ equilibrista sul cordolo del marciapiede. Ma non perdo se metto giù il piede perchè il pensiero scorre libero e gli occhi scrutano senza timore tutto ciò che mi circonda. Sono in orbita: sulla terra in assenza di peso.
Con la musica, danzo. con gli audiolibri, viaggio: campagne inglesi, francesi. Montagne sarde, piemontesi. Vallate spagnole, deserti persiani. Strade affollate in città o piccoli borghi di provincia.
Con un paio di auricolari questo mondo non fà più così paura. Posso essere ciò che voglio anche se la gente è la stessa, io così mi sento libera ed autorizzata ad esistere incondizionatamente.
Sono quel che sono, rispondo così a mia mamma un giorno.
In tutta risposta, lei prendendomi a braccetto scoppia a ridere di buon cuore, facendomi sentire tutto l’amore che nutre per la sua unica figli femmina. La bambina ferita trova un po’ di pace.Un caso fortuito, mi ha visto in un anno additare come una brutta persona per ventidue volte, (come scrivevo inizialmente, le ho contate, è diventato un gioco di famiglia). Una benedizione, non che facessi chissà cosa per ricevere tale epiteto. Ma entrare in contraddittorio con la persona che poi, sprovvista di ulteriori strumenti comunicativi chiudeva il confronto con tale giudizio, farlo così spesso in un periodo così breve mi ha aiutato a superare la paura di affermare le mie idee, sostenerle e andare oltre continuando a danzare anche là dove non mi è possibile filtrare le voci del mondo.
-
La casa nuova
Leggi ora
Una stanza rettangolare è inondata dalla luce del sole al mattino. Una Lunga parete laterale è arredata con una console ampia e da file di mensole a comporre una libreria. Davanti alla grande vetrata a tutta altezza, la poltrona per la lettura e un tavolino da caffè. Per terra, sul tappeto, libri incolonnati a formare un grattacielo precario. Una mezza sfera calata dall’alto dona la giusta luce per le letture in notturna.
Le pareti e gli arredi sono bianchi con dettagli colorati nelle tonalità chiare tipiche della betulla. Il grande tappeto a pelo corto è un tocco di delicata vaniglia. Qualche accenno di verde richiama le tonalità della campagna a primavera amplificando in casa la prospettiva al di là della grande vetrata.
La scrivania, fulcro creativo della padrona di casa, ospita un computer una stampante e una lavagna ricoperta di post-it. Parte del mobile è un area dedicata alla scrittura a mano e al disegno. Quaderni e album sono sparsi sulla sua superficie, mentre penne colorate e pennarelli contenuti in barattoli di latta riciclata sono disposti come dei soldatini su di un unica fila a parete. Sulle mensole sono posizionati diversi quadretti incorniciati che aiutano a mantenere viva la memoria del passato. Lo sguardo si posa e il sorriso carico di sospirata nostalgia si apre.
Nello spazio che si crea tra la vetrata e la parete scrivania è posizionato un cavalletto sopra il quale vi è una tela incompleta. A terra gocce di colore che si stratificheranno nel tempo.
Nel mezzo della stanza, il vuoto. Lo spazio necessario per stendersi a terra, sentire il proprio respiro, rallentare il cuore e calmare i pensieri.
Alla parete opposta, sparsi qua e la sono appesi frammenti di vita e ricordi del passato. Un mobile basso sul cui piano sono posizionati incensi e candele oltre che una cassa bluetooth che trasmette dalla Classica al Jazz, ai podcast fino alle meditazioni guidate.
La porta è bianca come quasi tutto nella stanza, e si affaccia su un lungo e stretto corridoio.
Girando a destra si entra nella zona notte, mentre virando a sinistra, si torna all’ingresso. L’ampia zona giorno forma un ambiente unico con la grande cucina. il camino accogliente, il grande tavolo e l’ampio divano. Alle spalle della cucina il locale lavanderia e la grande dispensa. Si affaccia su questa stanza il secondo studio della casa le cui pareti sono insonorizzate da pannelli assorbenti color crema. una sedia da studio è circondata da monitor e tastiere. Quando si entra nella stanza, si è proiettati in un mondo iper-connesso e tecnologico che contrasta con l’aspetto rurale della casa e dell’ambiente che la circonda. Oltre la porta d’ingresso una grande veranda rende il luogo ancora più accogliente. Intorno alla casa, la campagna, le piante di olivo e di frutta, la rimessa per gli attrezzi e per gli animali da cortile.
Il futuro ha una forma, questa è quella che più si avvicina alla somma tra sogno e desiderio.
-
Ritorno a casa
Leggi ora
<< Non guardarmi in quel modo.>>
<<Quale modo?>>
<<Con Quella faccia lì.>>
<<E che faccia ho, io non mi vedo dimmelo tu.>>
<<Hai la faccia di una che vede la sconfitta dritta davanti a sé.>>
<<OH!… Davvero?!?! Mi spiace.>>
<<Non é vero.>>
<<Mi spiace perché non era mia intenzione.>>
<<Eppure é così che mi guardi.>>
<<Scusa.>>
<<Mi fai incazzare. Sei lì ferma a guardarmi dritta negli occhi, silenziosa a giudicarmi senza un cenno di compassione. Rigida e ferma nelle tue convinzioni.>>
<<Ma veramente …>>
<<No! tu niente. Sei solo una stupida.>>
<<Ma …>>
<<Ma cosa? Sempre a giudicare gli altri e me per prima. Vai al diavolo! Lasciami in pace. Ma pensa te, é gia stata una pessima giornata, ho rischiato di non farcela, ho avuto paura di fare tardi e per una volta che mi sono svegliata così bene…..Era da forse un anno che non mi sentivo così al risveglio. Mi sono sentita come avvolta in una nuvola. E’ stata la mia condanna. Sono destinata al fallimento. Perché non riesco a godere neanche di quella piccolissima gioia? Subito, la trasformo in rifiuto. Ho fatto tardi, ho corso tutto il giorno per recuperare il tempo perso avvolta nella nuvola calda. Ora sto tornando a casa, sconfitta. Urlo dentro, la gola è serrata, il nodo stringe. Ci mancava solo questa. Vorrei fuggire ma non mi è concesso. Le catene al polso me le sono messe il giorno che ho scelto la mia strada. Facile ora che è in mio potere di cambiare vita. E tu? Ancora li a giudicarmi? Possibile mai che ogni volta che giro lo sguardo, ti trovo lì a fissarmi? Una volta la faccia, una volta i capelli poi le mani, le unghie e la pancia. Ma guardati tu, piuttosto! Avresti proprio bisogno di una revisione. Dovresti andare a nasconderti. Dovresti scomparire. Cos’è adesso non rispondi più? Che vigliacca che sei. Non hai nulla da rispondere. Eppure prima sembrava che volessi dirmene così tante. Ma perchè ancora perdo tempo con te. Ecco ci mancava solo questo: Siamo fermi. Fuori ormai si è fatta notte. La giornata è finita. Adesso che torno, vedi che mi aspetta. Che ne sai tu di me? Del mio personale inferno, costruito mattone dopo mattone con gioia e il sorriso sulle labbra. Mi sono costruita la gabbia da cui esco solo per altri che per me. Mi sento soffocare. Manca l’aria, tutta questa gente. Corro. Si forse la soluzione è quella. Tanto chi vuoi che se ne accorga.>>
-
Perchè tutte queste storie?
Leggi ora
Quando ho letto, per la prima volta, del pensiero magico, non ci ho capito nulla.
Da allora queste due parole si sono presentate diverse volte alla mia porta senza che io riuscissi a farle entrare e ad ospitarle come si addice a chi accogli perchè gli riconosci di essere una piacevole compagnia.Un anno è trascorso da quando sulla mia strada ho incontrato Joan Didion e il suo “Anno del pensiero magico”. Sto parlando del libro che mi ha dato una scarica elettrica così forte da permettermi di provare per la prima volta, il desiderio di leggere tutta la bibliografia di questa prolifica e incredibile oltre che umana all’inverosimile donna.
Eppure il titolo non riuscivo a legarlo all’opera tanto amata. Non riuscivo a carpirne il significato.Fino ad oggi.
Questa mattina ho riletto ciò che solo la sera precedente avevo sorvolato indispettita da quelle due parole scritte che una volta ancora non rivelavano nulla. e poi tutto di colpo l’illuminazione.
Ma facciamo un passo indietro di qualche giorno. Sono avvenute due cose che hanno influito.
Qualche giorno fa ho ricevuto la notifica del gestore che mi avvertiva del rinnovo automatico di questo dominio. Stavo pagando un servizio che non utilizzavo. Perchè volevo ancora tenerlo? Perchè non volevo rinunciarvi?
Questi ed altri interrogativi mi hanno fatto fare un viaggio a ritroso nel tempo e per la precisione a quando sull’onda dell’entusiasmo creativo del momento ho registrato il dominio storieinvoce.it con l’intenzione di farne il contenitore di quello che scrivo.
Dopo un impegno iniziale per mettere in piedi tutto, le mio giornate le ho poi trascorse a fare altro.Ho continuato a leggere, ho percorso diverse strade legate alla mia passione dei libri come la lettura espressiva, la libroterapia e il gruppo di lettura mensile solo per citarne alcuni.
Ho riempito diversi quaderni con quello che appartiene al mio pensiero.
Ho riscoperto l’enorme valore che risiede nella scrittura a mano.
Un po’ come il professor Silente che nel suo ufficio scarica tramite la bacchetta magica i pensieri in una sorta di vasca, nella penna, risiede la mia bacchetta e nel quaderno il contenitore.Finchè un giorno mi sono domandata cosa mi spingesse a farlo. Perchè volevo condividere una parte così intima di me con il mondo? (si lo so, sono sempre a farmi domande)
Non trovando una risposta che avesse il giusto valore, ho promesso a me stessa che non avrei portato avanti questo progetto finchè non avessi dato una risposta onesta a questo quesito esistenziale.
La seconda cosa che mi è successa è proprio che sono riuscita a darmi le risposte che tanto mi mancavano. E le ho trovate nei libri. In uno in particolare che ho terminato da poco e che mi ha aiutato finalmente a comprendere sia il significato del Pensiero Magico che il motivo per cui voglio portare avanti questo progetto.
Ne “I no che non dici agli altri sono quelli che imponi a te stessa” l’autrice Camilla Ronzullo o Zelda Was a Writer mi svela il significato che tanto bramavo ma che non riuscivo a cogliere.
La vita è caos, come le motivazioni che donano una risposta al perchè scrivo e che non seguono un percorso lineare ed ordinato.
Quindi mi permetto di fare un ulteriore passo indietro di diversi anni. Torno alla nascita dei miei figli e al periodo successivo dove è nato in me il desiderio di smettere col farmi travolgere dai sentimenti come se questi fossero continui tsunami.
Un tempo in cui tentavo di governare il caos cercando di mantenere il controllo su tutto e tutti, e che mi vedeva regolarmente fallire sia sul fronte umano che su quello esistenziale e fisico.Conoscere le emozioni e governarle mi ha letteralmente fatto uscire dal buio. La libroterapia è stato uno dei mezzi attraverso il quale ho tentato di farlo.
Ma il giorno dell’incontro, mentre mi approcciavo alla sindrome dell’Impostore, il modo in cui mi veniva presentato il libro di Camilla mi ha spaventato (una risorsa inestimabile piena di spunti di riflessione, citazioni e libri da leggere….).
Poteva un libro avere su di me il potere di scombinarmi l’esistenza ordinata che stavo conducendo? Volevo essere sopraffatta dal caos, determinato da tutti gli spunti presenti nel libro? Tutto questo mi terrorizzava. Non era il momento per un libro del genere.Mi ci è voluto del tempo per capire che il caos non si governa ma si vive. e che le emozioni invece si possono vivere ma anche imparare a governare.
Sorrido ora al pensare a quella chiusura, a quel No così categorico detto al libro di Camilla Ronzullo, Io sempre presa da mille dubbi improvvisamente mi facevo così determinata e risoluta.
Eppure ero l’unica del gruppo di partecipanti al percorso di libroterapia a rifiutarlo, le altre conoscevano l’autrice per il suo blog e descrivevano il libro come fonte inestimabile di spunti e suggerimenti di letture a cui attingere.Così mi sono concessa di vivere il caos attraversando la paura che avevo di esso senza provare a controllarlo e mi sono ripromessa di continuare il percorso di libroterapia leggendo tutte le opere suggerite. come ho fatto? immergendomi nella paura, leggendo quel libro e attaccando sulla bacheca un’infinità di post-it pieni di riferimenti ad altri libri e riempiendo il quaderno di citazioni fino a giungere alla consapevolezza di cosa significa il “Pensiero Magico”. almeno per me.
La risposta che tanto cercavo e che non riuscivo a formulare sul perchè volessi portare avanti il mio progetto e pubblicare ciò che scrivo me l’ha fornita Camilla Ronzullo.
Sin dalla notte dei tempi, le persone hanno cercato nel racconto una via salvifica alla definizione di sè. Le proto-Camille e i proto-Voi che state leggendo, si sono seduti attorno a un fuoco e hanno sconfitto la loro inadeguatezza di fronte alla misteriosa immensità del mondo, raccontando le proprie storie. Hanno selezionato con cura i nomi con cui potevano chiamare il loro dolore e condividere storie li ha fatti sentire meno indifesi. Magari ridendo a crepapelle oppure piangendo tutte le lacrime che avevano in corpo, ma ostinandosi a raccontare, difendendo da ogni profanatore della memoria il diritto di essere protagonisti della propria storia.
E poi più avanti nelle sue conclusioni aggiunge:
Funziona esattamente così con le storie, con tutte le storie del mondo: ogni volta che ne ascolti una, questa prima o poi arriverà a parlare di te, ti permetterà di definirti. E non perchè racconti l’esatto svolgimento della tua vita, ma perchè ti fornisce una chiave, un “pensiero magico” con cui avventurarti in quello che sei o in quello che per mille ragioni forse ti ostini a non voler guardare.
Camilla Ronzullo – I no che non dici agli altri sono quelli che imponi a te stessaEcco per me la rivelazione, la luce guida nella notte faticosa dell’esistere. Il faro da seguire e il motivo che mi dà l’occasione di fare e finalmente vedere vivere il mio progetto.