La lunga discesa

10 Maggio 2023 – Pomeriggio

Il tempo peggiora ulteriormente. 

La pioggia non ci aiuterà a percorrere i sentieri in discesa, li renderà scivolosi. 

Non ho molta esperienza come escursionista ma qualche cosa la so. Il rientro sarà impegnativo perché le ginocchia sono maggiormente sollecitate. Qualunque attività ci chiederà una maggiore concentrazione, per via della stanchezza accumulata in precedenza  e il desiderio di essere già a valle renderà tutto ancora più faticoso.

La via del ritorno non sarà priva di difficoltà soprattutto per Beatrice, già molto provata dalla salita.  Stefania e Ilse, cercano in qualche modo di incoraggiare la più anziana e coraggiosa tra noi la quale insiste nel dire che sta bene.

Dopo aver ripercorso in discesa il sentiero  tappezzato di felci, riprendiamo il sentiero percorso questa mattina e dopo pochi metri incontriamo un bivio. Ilse ci indica il sentiero a destra che ci porterà direttamente a Santa Marina. Lo fa conscia delle difficoltà di Beatrice e con l’intento di aiutarci a scendere a valle prima. Lei proseguirà per Malfa, ripercorrendo fino al paese i passi fatti a salire. 

Accogliamo con rinnovato entusiasmo, la sua proposta,  l’idea di arrivare presto a casa, dona un po’ di sollievo alle nostre menti preoccupate per la pioggia che a tratti scende intensa. 

Sono le 15.30 quando ai nostri occhi fa mostra di sé,  un’atmosfera che sa di fiaba. Intorno una fitta vegetazione resa lucida dalla pioggia. Davanti rami intrecciati e tronchi curvi disposti ad arco formano un corridoio verde. Sono disordinati, e ricoperti di muschio. 

Entriamo.

Ho la sensazione che in questo luogo il tempo si sia fermato. Abbiamo varcato la soglia di un mondo parallelo? Il cielo è sempre più scuro e la natura intorno, stranamente silenziosa. Siamo sole. Il mondo che conosco è svanito. Gli unici rumori che percepisco provengono da Stefania e Beatrice. La prima incoraggia la seconda a non mollare e stare attenta. Lo sforzo richiesto per mantenere il controllo è enorme. Il sentiero è cambiato inizia a farsi più impegnativo, a tratti è ripido. Siamo costrette a fare continue soste per riposare.   A tratti è terribile, alti gradoni di pietre si alternano a radici che ostacolano il nostro passaggio. Spesso,la strada che percorriamo è  invasa da pietre e foglie in cui inevitabilmente scivoliamo, altre volte la vegetazione è così fitta da rendere il sentiero invisibile o la via di passaggio talmente stretta da essere pericolosa perché priva di protezioni laterali. Se mettiamo male i piedi rischiamo di scivolare a valle con conseguenze incalcolabili. La potenza della natura domina sull’uomo. Siamo sole nel bel mezzo di una foresta vergine.

Per Beatrice è un martirio. Procede con Stefania che la conduce passo dopo passo lungo la discesa. Le sue ginocchia non reggono più la fatica. Siamo preda della paura che possa mettere male un piede.

Nel tentativo di rendermi utile, cammino avanti, perlustro il sentiero e lo ripulisco.

Penso alle notizie che ho letto di tutte le persone che sono state recuperate, dopo essersi infortunate o addirittura smarrite.  Siamo state troppo impulsive. Abbiamo peccato di ottimismo.  Che diavolo mi è venuto in mente di salire fin quassù insieme a 3 sconosciute, forestiere come me senza una guida locale?

Io, che solitamente sono sempre così ansiosa e previdente. Provo un profondo senso di vergogna per il mio agire così impulsivo. Forse se avessi, pensato meglio alle possibili conseguenze, ora mi troverei come da programma,  comodamente a casa, seduta in veranda a scrivere, a leggere o a pensare al domani. 

So di avere sbagliato, sono fradicia e infreddolita, ho le scarpe piene di acqua, potrebbe calare il buio se solo non mi sentissi di essere proprio dove voglio.

Ripercorro con la mente le migliaia di volte che per eccesso di prudenza ho rinunciato.

Ripenso a tutte le volte che per paura non ho vissuto, comprimendo l’anima per lasciare spazio ad un più pratico senso di responsabilità.

Cerco conforto, guardando a valle, ma è difficile. Non riesco a comprendere quanto manca per raggiungere la strada. I tetti delle poche case sono piccoli, siamo ancora troppo in alto.

Il Sentiero per un lungo tratto costeggia una gola. Davanti a noi il mare . Si distinguono bene  in lontananza, nonostante il tempo grigio, i profili di Panarea e Stromboli. In un’altra occasione avrei goduto pienamente del panorama, la gola profonda è fiancheggiata da un costone di roccia scavata nella montagna.  Strati di nuda terra dai diversi toni di rosso che si sovrappongono. Il verde della vegetazione incornicia questo quadro esaltandone i colori. La natura qui più che mai è padrona. Uno spettacolo meraviglioso. Terrificante è  il senso di isolamento e solitudine in cui siamo immerse. La mente non riesce a sottrarsi a pensieri pericolosi: Se una di noi si facesse male…

Cerco, con un certo sforzo di tenere sotto controllo l’ansia e la paura. Cerco di  governare le emozioni per non lasciarmi andare alla disperazione.

Sento Stefania preoccupata per lo stato di salute di Beatrice che scopro essere una persona estremamente caparbia. Sta combattendo una guerra silenziosa contro se stessa e i suoi limiti. Credo di comprenderla. Troppo spesso nella vita ho rinunciato. Ma entrambe sappiamo che questa volta deve essere per forza differente. Non possiamo permettercelo. Vogliamo dimostrare a noi stesse che ce la possiamo fare. Non c’è in ballo soltanto la nostra salute. Vogliamo entrambe dimostrare di essere qualcosa di più.  Non vogliamo più avere paura di vivere.

Il tramonto lascia lentamente il posto alla notte. Il cantare degli ospiti del bosco, che ci ha deliziato nonostante il martirio per la lunga e pericolosa discesa, lascia il palcoscenico alle categorie di animali che nelle fiabe fanno versi cupi, si nascondono nella vegetazione e sono pericolosi.  Sono passate le 20 e finalmente dopo più di 4 ore siamo giunte a valle. 

Il senso di vittoria che ci travolge è breve.  Il sentiero, seppure in piano, non ci sta portando rapidamente alla civiltà. Potremmo chiedere aiuto. 

Sono preda di mille dubbi che si sovrappongono tra loro  a formare una montagna ancora più opprimente di quella da cui siamo appena riusciti a scendere. Provo un enorme senso di vergogna e imbarazzo per essere stata così stupida. Cresce in me velocemente uno stato di ansia e agitazione interiore che difficilmente riesco a tenere sotto controllo. Mi isolo dalle mie compagne per non rivelare il mio stato. Quanto ancora dovremo  camminare?

La risposta a questo interrogativo fortunatamente non tarda ad arrivare. Un fuoristrada è parcheggiato davanti ad un cancello a margine del sentiero.

L’abbaiare di un paio di cani in lontananza, ci fa  ben sperare nella presenza anche di persone.  Sentimento vano. La zona è buia e inabitata. Il cancello arrugginito  è chiuso da una vecchia catena, oltre il quale si inerpica una strada sterrata circondata da erba inselvatichita e alta .

Non ci resta che proseguire. 

Beatrice è stremata, Siamo fradice di pioggia e sporche di fango.

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