
Ho sempre creduto che il funerale fosse un processo di elaborazione del lutto da eseguirsi in forma privata, in un momento imprevedibile. Quello pubblico rivela molto di ciò che resta del defunto: può rimanere la sua solitudine, oppure la sua gloria e la sua fama, oppure semplicemente nessuno—per via di circostanze che a volte possono essere particolari.
Ma il funerale dell’anima potrebbe avvenire in forma privata, o tra pochi intimi che condividono lo stesso pensiero. Come è accaduto ieri. Quando sono andata a fare le castagne alla Madonna del Bosco—un posto che ho imparato a conoscere grazie a una persona che recentemente ci ha lasciato.
Il funerale pubblico di quell’uomo è stato partecipato: molti parenti, molti amici, molti conoscenti, e un quartiere intero che si stringeva attorno alla moglie, alla figlia del defunto, morto all’improvviso una mattina. Ma la mia celebrazione privata di quel funerale è avvenuta ieri, seduta sui gradini di un bosco. Dopo aver raccolto diversi chili di castagne, nella quiete ombreggiata di un pomeriggio d’autunno particolarmente caldo, ho ricordato l’uomo che con semplicità mi ha donato questo luogo, dieci anni fa.
Il pensiero va a chi resta: persone speciali, semplici ma dal cuore grande, che soffrono immensamente della prematura scomparsa della persona che forse amano più di tutto nella loro vita. Un padre. Un marito.