
Mio padre è morto il giorno in cui ha rinunciato a se stesso,
il giorno in cui ha smesso di ascoltare la sua rabbia,
quando ha soffocato i suoi sentimenti,
quando è diventato sordo.
Il giorno in cui non c’era nulla che valesse la pena di vivere,
il giorno in cui non ha dato valore alla sua creazione,
il giorno in cui non si è ribellato,
il giorno in cui ha rinunciato.
Il giorno in cui il suo cammino si è interrotto.
Mio padre è rinato il giorno in cui ho accettato il suo esistere,
il giorno in cui l’ho tolto dal piedistallo,
il giorno in cui da un altro piedistallo sono scesa io,
il giorno in cui ho riflesso la sua fragilità nella mia, la sua impotenza nella mia, la sua incapacità nella mia.
Tante volte ho affermato di avergli perdonato il male che mi è stato fatto.
Ma il perdono è comunque una grave forma di sottomissione.
Non ho nulla da perdonare. Nulla da essere perdonata.
Certe volte vado avanti. Metto confini e procedo sulla strada.
Sono quel che sono.
Vale per tutti.